lunedì 15 febbraio 2016

Perchè la sinistra non attrae più i lavoratori





Da più parti si sente porre la domanda: perché i lavoratori si rivolgono alle destre?
I partiti dei lavoratori per antonomasia, in Italia, sono storicamente sempre stati collocati a sinistra, tra essi i principali furono il Partito Comunista e il Partito Socialista, mentre al centro, la Democrazia Cristiana attraeva il mondo dell'agricoltura. Si potrebbe quindi semplificare affermando che, una volta disgregati questi partiti, è stato naturale per la classe lavoratrice trovare riferimenti da altre parti, quando non si è data al "non  voto".
Pertanto il quesito che più dovrebbe essere indagato è: perché la sinistra non attrae i lavoratori?

Vediamo.
La ragione storica principale è sicuramente da attribuire alla metamorfosi subita dai partiti per mano della loro dirigenza. Questa metamorfosi inizia già ai tempi di Berlinguer, Craxi e De Mita quando, i maggiori partiti, hanno iniziato a rivolgere la propria attenzione verso politiche liberiste tese più all'ottenimento del consenso piuttosto che della giustizia sociale. Risale infatti a quei tempi il ritorno del liberismo sull'onda del “thatcherismo” e del “reganismo”.
Venute meno le differenze culturali sostanziali di un tempo, poi col 1989, si è assistito ad un rapido declino di tutti i partiti tradizionali che non trovavano più la stampella rappresentata dalle divisioni internazionali.
La “lobotomizzazione” culturale di massa operata dai mass-media, sempre più diretti dal grande capitale finanziario, ha poi fatto il resto fino ai giorni nostri.

Lasciando l'analisi storica a questi brevi e quindi grossolani passaggi, ora occorre necessariamente analizzare cosa accade ai nostri tempi che vedono, nella metastasi "piddina" l'evoluzione di ciò che il compianto Professor Federico Caffè già denunciava l'11 Aprile del 1982 sull'Espresso nei confronti dell'allora PCI e, nel totale disprezzo derivato dalla narrazione ufficiale di "mani pulite" nei confronti di PSI e DC, la ragione per cui è oggettivamente impossibile rivolgersi a qualsiasi derivazione di questi tre storici partiti.
Ora, il panorama politico offre sostanzialmente due aree politiche principali perfettamente interscambiabili tra di loro, dove il centrosinistra, dall'alto della sua auto-attribuita superiorità morale, opera scelte totalmente di destra ed il centrodestra prova a rispondere con velate istanze sociali (secondo un assurdo ribaltamento delle logiche politiche) usando argomenti di facile presa, con una lega che strumentalmente abbandona le istanze secessioniste per condurre battaglie nazionali; tra di esse si inserisce un movimento, dall'origine dubbia e senza una visione della società coerente, che intercetta strumentalmente tutti i malumori e alternativamente gli da voce cadendo puntualmente in contraddizione.
In questo panorama, francamente, risulta difficile individuare una forza politica di caratura nazionale capace di difendere il lavoro, in quanto tutte indistintamente impegnate sul fronte liberista e, quando va bene (è il caso del M5S), non sanno neanche di cosa io stia parlando in questo articolo.
Tutte a loro modo, sfruttando la narrazione corrente che ci vede come un Popolo incapace di autogovernarsi senza vincoli esterni, intercettano voti; ma i voti di chi?
In questo sfacelo la classe lavoratrice, di fatto, non esiste più in quanto tale, avendo essa perso ogni riferimento e, per questo, è in balia delle demagogie veicolate dai media asserviti al potere economico trans-nazionale che la tiene in costante competizione e precarietà; per questo non vede più alcuna differenza tra destra e sinistra e si comporta di conseguenza, votando in funzione del proprio egoismo ... e l'egoismo è indubbiamente di destra.
Rilevo inoltre che, nell'ambito della politica nazionale, abbiamo delle forze strumento del sistema capitalista finanziarizzato, che di fatto, sono portatrici di un messaggio comune che è questo: la destra e la sinistra non esistono più (!), ma (e qui veniamo al titolo) quelle che ancora si definiscono orgogliosamente di sinistra, appaiono smembrate, una “armata brancaleone” sempre alla ricerca di una nuova sigla, promotrici di diritti civili in sostituzione di quelli sociali, e  per giunta rette da mentitori seriali, quindi inaffidabili - non che i mentitori seriali manchino da tutte le parti della politica nazionale!

Un accenno merita il sommerso mondo sovranista; questo può contare ancora su una sana e reale divisione tra destra e sinistra, in esso non si sono persi i valori dell'una e dell'altra parte, ma è composto da piccole ed insignificanti forze politiche che, soprattutto a sinistra, risultano incapaci di far fronte comune e per questo restano schiacciate dalla predominate forza economica che sostiene tutte le altre sin qui menzionate, nessuna esclusa.
I nascenti movimenti sovranisti, sono espressione di una società più attenta, culturalmente più brillante, ma pur sempre individualista; composti da menti pronte, ma che ritengono tutte di essere esclusiviste del "verbo", incapaci di collaborare e prive di disciplina, sono per questo destinati alla irrilevanza salvo il caso in cui riescano ad intercettare una verosimilmente prossima sollevazione popolare. In questo caso però, dovranno farsi trovare pronti e, a quello che mi è dato di osservare, difficilmente lo saranno, proprio a causa dei personalismi che li tengono ben divisi. Infatti, mentre a destra si vede come naturale il fenomeno del leaderismo, a sinistra la questione è complicata da una mancata predisposizione mentale alla gerarchia ed alla disciplina che finisce per sfasciare ogni tentativo di organizzazione.
Nel micro-cosmo sovranista inoltre, sembrano ricalcati alcuni aspetti che si riscontrano nei partiti di sistema: anche qui infatti le destre appaiono più compatte, determinate e veicolo di messaggi più semplici ed intuitivi. Questo perchè, le "menti colte della sinistra", si sono fatte scippare nel tempo dai "gretti" della destra, alcune parole d'ordine (la parola “Patria” su tutte) e per i loro teorici, ogni contenuto diventa oggetto di complicate, dotte, farraginose, inefficaci giustificazioni. Spesso per loro, ad esempio, la parola "populismo" ha perso il suo significato originale (atteggiamento culturale e politico che esalta il popolo, sulla base di principi e programmi ispirati al socialismo) divenendo un sinonimo di demagogia, arrivando fino al paradosso di definire populisti gli avversari della destra. Altro esempio: sull’immigrazione. A destra il messaggio è semplice e diretto, quindi efficace: “prima gli italiani”! A sinistra che cosa abbiamo? Allora, si va da posizioni inaccettabili del tipo “bisogna accogliere tutti” a posizioni più ragionevoli ma più complesse come “bisogna controllare i flussi migratori per evitare il costituirsi dell’esercito di disoccupati di riserva teorizzato da Marx” il tutto condito da paginate di spiegazioni ancor più criptiche.

E’ inutile girarci intorno, fintanto che gli "intellettuali di sinistra" (che sia di sistema o che sia fuori dallo stesso), con quell’atteggiamento, a tutti evidente, da “puzza sotto il naso”, si limiteranno a definire demagogiche le posizioni della destra senza abbassare il livello della loro comunicazione, quindi a divenire dei veri populisti, saranno destinati a perdere consenso (quelle di sistema che lo hanno) e a non trovarlo (quelle sovraniste che dovrebbero averlo).

In conclusione quindi, attribuisco alla cosiddetta ”intellighenzia di sinistra” in collusione con i dirigenti delle forze politiche ad essa affini la responsabilità dell’emorragia, intesa come fuga a destra del popolo e prevedo che, o sarà in grado di cambiare testa e linguaggio, o sarà nel prossimo futuro votata alla subalternità rispetto alla "cultura semplificata" di matrice liberale, agli occhi dei lavoratori, ma direi di tutti i cittadini.