In queste poche righe tratte dal discorso di Draghi alla Cattolica si evince la natura antidemocratica e il DNA profondamente liberista di una delle più potenti istituzioni europee capace di decidere con la politica monetaria la sorte di milioni di persone in base ad un "Trattato". (cit. Michele Berti):
"Il mandato della BCE nel suo senso più
ampio poggia su un consenso radicato nella società. I politici ricevono
il loro mandato nell’ambito di elezioni che riflettono voto dopo voto le
preferenze degli elettori. Il mandato
della BCE invece è inscritto in un testo che ha valenza costituzionale:
il Trattato. Una costituzione si fonda su valori condivisi nel profondo
dai cittadini; per questo motivo le costituzioni non sono, anzi non
devono essere sottoposte periodicamente al vaglio elettorale.
Per assolvere al nostro mandato godiamo di un elevato grado di
indipendenza nelle nostre decisioni di politica monetaria. Ma questa
libertà ha limiti precisi. Per conseguire i nostri obiettivi non
possiamo utilizzare strumenti vietati dal Trattato; il finanziamento
monetario dei governi è uno di questi. Ma non possiamo nemmeno cambiare
quegli obiettivi: per esempio, la rinuncia ad assolvere il mandato che
ci è stato affidato non è un’opzione percorribile. Ma non ci è neppure
consentito assumere comportamenti che di fatto ridefinirebbero le
disposizioni del Trattato, come l’appartenenza o meno di un paese
all’area dell’euro. In sintesi, il nostro mandato è definito dal
Trattato." Mario Draghi
C'è da dire che se uno tra i più grandi traditori che la storia del nostro paese abbia mai conosciuto, nonchè il soggetto più influente d'Europa, ha avuto la necessità di dire queste cose, un motivo ci sarà.
Dai toni e dalle parole usate, il discorso oltre a dichiarare apertamente l'inefficacia delle politiche sin qui attuate, appare quasi una discolpa!
Sarà il preludio alla tanto desiderata (da chi?) quanto inutile (permanendo nell'Unione Europea) fine dell'€uro?
Staremo a vedere. Intanto si registrano e prevedono fallimenti nel settore bancario a gogò! Questo, mentre sale l'euroscetticismo della gente più informata, cresce l'indisponibilità dei risparmiatori a sobbarcarsi ulteriori salvataggi (che siano estorti dai governi o che lo siano direttamente dai conticorrenti) e, non ultimo, crescono elettoralmente le forze anti U.E. tanto da determinare referendum come quello britannico.
Una nota non trascurabile: il
settore bancario (che l'infame di fatto dirige) è proprio quello che i
trattati hanno messo al di sopra di tutti gli interessi. I trattati di cui parla in nostro, rappresentano un filtro talmente efficace che ogni euro emesso dalla BCE rimane invischiato nel circuito bancario ed ogni fallimento all'interno di questo circuito viene risolto grazie all'intervento pubblico senza nessuna possibilità per i cittadini di intervenire democraticamente nel processo innescato con l'ingresso del proprio Stato nell'Unione Europea!
Ecco il video e il discorso integrale, con una breve scheda su chi è Mario Draghi:
" La vita adulta degli studenti qui
riuniti oggi è stata segnata dalla crisi: una crisi finanziaria globale di una
dimensione che molte generazioni, più fortunate, non hanno mai dovuto
sperimentare; una crisi economica europea durata troppo, da cui stiamo solo ora
gradualmente emergendo; una successione di situazioni critiche che hanno
sottoposto a notevole prova la solidità dell’Unione Monetaria Europea. Tutti,
ma specialmente le generazioni più giovani hanno pagato un prezzo molto
elevato. La crisi ha reso evidenti gli squilibri che si erano andati
accumulando negli anni precedenti, certamente a causa dei gravi errori nelle
politiche economiche degli Stati nazionali, ma anche a causa di manchevolezze
nell’architettura istituzionale europea. Queste hanno poi contribuito a rendere
lenta e macchinosa la risposta della politica economica alla crisi stessa. Il
numero inaccettabile dei disoccupati, tra cui molti, troppi sono giovani, è
stato il prezzo pagato. Oggi cercherò di spiegare che cosa la BCE, la banca
centrale dell’eurozona, nell’assolvere al proprio mandato, ha fatto e fa per
ricostruire la fiducia, riportare la prosperità, ripristinare la stabilità dei
prezzi. Il mandato della BCE Quale è il nostro mandato ? Le banche centrali ne
hanno diversi, a seconda delle giurisdizioni e degli assetti istituzionali in
cui operano. Il nostro non è quello, ad esempio, degli Stati Uniti o del
Giappone. In senso lato, le banche centrali esistono per preservare l’integrità
della moneta. Questa funzione delle banche centrali discende dall’esperienza
storica, che mostra come una moneta sana sia fondamentale per la prosperità
economica e la stabilità sociale. Nelle parole di John Kenneth Galbraith:
“quando la moneta è cattiva, la gente la vuole migliore, quando è buona pensa
ad altro”. Noi vogliamo una moneta sana proprio perché vogliamo che la gente
possa pensare ad altro e possa fare altro: lavorare, risparmiare, investire,
innovare. Se oggi noi ci chiediamo solo raramente se la moneta sia “buona” o
“cattiva”, è perché per la maggior parte della nostra vita essa è stata per lo
più stabile. I più giovani tra voi non hanno sofferto almeno direttamente dei
danni causati dagli episodi inflazionistici degli anni settanta, né hanno dovuto
sperimentare le conseguenze della deflazione degli anni trenta. E’ il segno che
in tempi recenti le banche centrali hanno avuto sostanzialmente successo
nell’assolvere ai propri compiti. Il mandato affidato alla BCE prevede che essa
sia preposta alla tutela della stabilità dei prezzi nell’area dell’euro, ovvero
all’ integrità del suo valore nel tempo. In particolare, il nostro obiettivo è
un tasso di inflazione inferiore ma non discosto dal 2% nel medio termine. Si
noti che la definizione è simmetrica: l’inflazione non deve essere durevolmente
né troppo alta né troppo bassa. La storia insegna che la deflazione, ancorché
relativamente più rara, può comportare conseguenze altrettanto destabilizzanti
di un’inflazione eccessiva; soprattutto per i giovani, che sono generalmente
debitori netti, queste possono essere particolarmente dolorose. Per assicurare
la stabilità dei prezzi una moneta deve essere sana anche sotto altri aspetti:
deve essere una unità di conto affidabile, cioè il suo valore deve essere il medesimo
in ogni parte del territorio sottoposto alla giurisdizione della banca
centrale, qualsiasi forma la moneta stessa assuma. La moneta quotidianamente
utilizzata dai cittadini non è solo quella creata dalla banca centrale. In un
sistema in cui le banche hanno l’obbligo di costituire una riserva a fronte dei
loro depositi, come è il caso dell’area dell’euro e di altre economie avanzate,
il grosso dello stock di moneta assume la forma di depositi bancari. La moneta
rappresenta una passività del sistema bancario nel suo complesso e circola in
circuiti elettronici. Affinché la moneta sia effettivamente unica nell’intera
giurisdizione, il sistema dei pagamenti deve operare senza frizioni – proprietà
che costituisce infatti uno dei nostri compiti statutari – e il sistema
bancario che la crea deve essere solido. Soprattutto per questa ragione
annettiamo grande importanza a una supervisione bancaria di elevata qualità, un
compito che è stato posto in capo alla BCE dallo scorso novembre. Per le stesse
ragioni agiamo come prestatore di ultima istanza nei confronti delle banche in
caso di crisi di liquidità, purché siano solvibili. Questa funzione non è volta
a proteggere le singole banche per se. Mira ad assicurare la fiducia nei
depositi e la loro continua fungibilità con le banconote e con le altre forme
di moneta nell’ambito dell’Unione. Poiché, inoltre, gli impulsi della politica
monetaria sono trasmessi anche per il tramite dei prestiti bancari, l’esistenza
di banche solide è condizione necessaria per assicurare la stabilità dei
prezzi. Se non altro per questo motivo, contrastare la frammentazione del
sistema bancario rientra senza dubbio nell’ambito del nostro mandato. Il
mandato della Bce nel suo senso più ampio poggia su un consenso radicato nella
società. I politici ricevono il loro mandato nell’ambito di elezioni che
riflettono voto dopo voto le preferenze degli elettori. Il mandato della BCE
invece è inscritto in un testo che ha valenza costituzionale: il Trattato. Una
costituzione si fonda su valori condivisi nel profondo dai cittadini; per
questo motivo le costituzioni non sono, anzi non devono essere sottoposte
periodicamente al vaglio elettorale. Per assolvere al nostro mandato godiamo di
un elevato grado di indipendenza nelle nostre decisioni di politica monetaria.
Ma questa libertà ha limiti precisi. Per conseguire i nostri obiettivi non
possiamo utilizzare strumenti vietati dal Trattato; il finanziamento monetario
dei governi è uno di questi. Ma non possiamo nemmeno cambiare quegli obiettivi:
per esempio, la rinuncia ad assolvere il mandato che ci è stato affidato non è
un’opzione percorribile. Ma non ci è neppure consentito assumere comportamenti
che di fatto ridefinirebbero le disposizioni del Trattato, come l’appartenenza
o meno di un paese all’area dell’euro. In sintesi, il nostro mandato è definito
dal Trattato. Negli ultimi anni nel perseguimento degli obiettivi definiti dal
nostro mandato abbiamo dovuto affrontare sfide estremamente impegnative, che
hanno richiesto misure di politica monetaria senza precedenti per carattere,
dimensione e numero.. Siamo stati costretti a sventare i rischi che corrodevano
sia l’integrità della moneta nel tempo – la stabilità dei prezzi – sia quella
nello spazio – riferita alle varie parti dell’area, specialmente quando sono
emersi dubbi sulla permanenza di alcuni paesi membri nell’eurozona. In ogni
circostanza abbiamo agito in pieno accordo con il mandato, nei limiti posti dal
Trattato stesso. Per illustrare questo punto vorrei soffermarmi su due esempi
recenti. Il varo da parte della Bce del programma di acquisto di titoli (APP) a
partire dal settembre dello scorso anno, e l’erogazione di liquidità di
emergenza alle banche elleniche negli scorsi mesi (ELA). Il programma di
acquisto di titoli Nella prima fase della crisi, l’inflazione è rimasta
nell’insieme ancorata al nostro obiettivo. Risalita dopo l’esaurimento degli
effetti scaturiti dal fallimento di Lehman Brothers, l’inflazione al consumo si
è mantenuta in media attorno al 1.6 % dal settembre del 2008 alla fine del
2011. Successivamente, in concomitanza con l’accentuarsi di una fase di
protratta debolezza macroeconomica, ha seguito una prolungata tendenza
flettente, costantemente al di sotto delle previsioni elaborate dal nostro
staff. Dall’inizio del 2014 diveniva sempre più chiaro che in assenza di una
nostra risposta complessiva, la stabilità dei prezzi nel medio periodo era a
rischio. Inizialmente, valutammo che il principale ostacolo a una ripresa
dell’inflazione fossero gli intralci al meccanismo di trasmissione della
politica monetaria che impedivano alla nostra politica di far presa
sull’economia. Per rimuoverli, tra giugno e settembre, ci preoccupammo
soprattutto di sostenere l’erogazione del credito bancario all’economia reale
con operazioni mirate di finanziamento a più lungo termine. A differenza delle
operazioni a lungo termine incondizionate erogate nel 2009 e, di nuovo, tra la
fine del 2011 e l’inizio del 2012, i finanziamenti mirati che abbiamo
inaugurato nell’estate dell’anno scorso sono, per larga parte, condizionati. In
altre parole, ciascuna banca, a partire da marzo di quest’anno, può usufruire
di credito a lungo termine presso la Bce a un tasso molto vantaggioso soltanto
a condizione che il proprio credito erogato alle imprese e alle famiglie aumenti
a tassi più sostenuti che nel recente passato. Le banche hanno a tutt’oggi
preso a prestito un ammontare totale di poco inferiore ai 400 miliardi di euro.
L’operazione di rifinanziamento si è dimostrata di importanza decisiva nello
stimolare la ripresa del credito bancario a cui stiamo assistendo. Il quadro
inflazionistico tuttavia peggiorò ulteriormente nella seconda metà dell’anno a
causa della forte caduta dei prezzi del petrolio. Una dinamica dei prezzi molto
bassa per via di una flessione dei corsi energetici non rappresenta
necessariamente un problema per la banca centrale se questa dinamica è
percepita come temporanea e se, di conseguenza, le aspettative di inflazione di
medio termine rimangono inalterate. Ma noi osservavamo invece che queste tendevano
a disancorarsi dal nostro obiettivo su tutti gli orizzonti, risentendo sempre
più della bassa inflazione in atto al momento. Era dunque indispensabile che la
politica monetaria cambiasse passo. Per due motivi. In primo luogo, perché in
presenza di tassi di interesse ufficiali pari a zero – come erano allora –
aspettative di inflazione cedenti implicano tassi reali di interesse crescenti,
con un conseguente irrigidimento del tenore della politica monetaria. In
assenza di una nostra reazione, ciò avrebbe avviato un processo di una caduta
ulteriore delle aspettative di inflazione e quindi di una restrizione monetaria
ancora più accentuata. In secondo luogo, sebbene una variazione dei prezzi del
petrolio possa influenzare permanentemente il livello generale dei prezzi essa
non dovrebbe incidere nel lungo periodo sul tasso di inflazione. Per questa
ragione l’eccessiva sensibilità delle aspettative di inflazione a lungo termine
ai bassi corsi del petrolio era fonte di preoccupazione Forse segnalava la percezione
che l’azione della banca centrale nel conseguimento del proprio obiettivo fosse
in realtà vincolata, non fosse libera di esplicarsi pienamente, e che di
conseguenza fosse incerto il valore attorno cui si sarebbe collocata
l’inflazione. In questo contesto, nel settembre dell’anno scorso abbiamo varato
un programma di acquisto di titoli, esteso dal gennaio di questo anno ai titoli
pubblici. Il passaggio da una politica monetaria basata sui tassi di interesse
praticati sulle operazioni di credito temporaneo alle banche a una politica
fondata sull’acquisto di titoli è stata in realtà un’evoluzione naturale. Ciò
nonostante questo passaggio ha definitivamente dissipato alcuni equivoci sul
senso e i limiti del mandato della Bce e ha confermato l’indipendenza di
giudizio e di decisione del Consiglio direttivo dalle opinioni politiche degli
Stati membri. Recentemente, la Corte Europea di Giustizia ha confermato che la
Bce può utilizzare ogni strumento disponibile, non esplicitamente precluso
dallo nostro Statuto, per assicurare la stabilità dei prezzi. In presenza di
rischi per la stabilità dei prezzi dobbiamo utilizzare tutti gli strumenti
legittimi a nostra disposizione. La dimostrazione più chiara della
determinazione del Consiglio direttivo ad agire quando necessario è stata
offerta proprio dalla decisione presa dalla maggioranza del Consiglio di
procedere con il programma di acquisto dei titoli. Oggi come ieri non siamo
vincolati nella nostra capacità di intervento; abbiamo molti strumenti a nostra
disposizione. Siamo difronte a una situazione in cui la dinamica dei prezzi è
molto debole, il quadro macroeconomico è ancora incerto. Per questi motivi il
Consiglio si è impegnato a riesaminare il grado di accomodamento monetario
nella prossima riunione di dicembre. Il programma attuato finora è stato senza
dubbio efficace. Dobbiamo tuttavia valutare se, con l’indebolirsi dell’economia
mondiale, esso sia anche efficace nel contrastare le spinte avverse che
potrebbero ostacolare un ritorno alla stabilità dei prezzi nel medio termine.
Qualora ci convincessimo del contrario esamineremo le modalità con cui
intensificarlo per conseguire il nostro obiettivo. La liquidità di emergenza
alle banche elleniche La Bce nelle sue decisioni è vincolata tanto dal proprio
Statuto quanto dalle altre disposizioni del Trattato. Le scelte del Consiglio
direttivo nei confronti della Grecia sono state un altro esempio di rigorosa
fedeltà alla lettera e allo spirito di entrambi. Ciò è emerso con chiarezza
pochi mesi fa quando, con il peggiorare della situazione economica e politica,
il governo e le banche greche persero la possibilità di finanziarsi sui mercati
e i depositanti iniziarono a ritirare il loro denaro dalle banche. Queste
divennero interamente dipendenti dall’erogazione di liquidità di emergenza da
parte dell’Eurosistema, che rappresenta una forma di prestito di ultima
istanza. L’ELA divenne il solo canale tramite cui le banche elleniche poterono
continuare a operare. La scorsa estate arrivammo a prestare alle banche greche
fino a 127 miliardi di euro, pari a 71% in rapporto al PIL del paese. Nel
rispetto dell’articolo 123 del Trattato che proibisce alla Bce il finanziamento
dei deficit pubblici, il Consiglio direttivo impose una severa limitazione
all’utilizzo dei titoli di stato come garanzia collaterale per i crediti che le
banche ricevevano dalla Bce. Altrimenti il Governo si sarebbe rifinanziato
presso le banche residenti che a loro volta avrebbero usato i titoli di stato
acquistati dal governo per ottenere i nostri finanziamenti. Abbiamo però
continuato a erogare la liquidità necessaria ad assicurare la funzionalità del
sistema bancario e la continuazione del credito a imprese e famiglie,
conformemente al principio secondo cui l’Eurosistema può erogare prestiti a
banche che siano solventi e dispongano di collaterale sufficiente. L’autorità
competente a esprimersi, il supervisore europeo, riteneva infatti che le banche
fossero solventi. Ma, chiaramente la loro solvibilità, come pure la
disponibilità di collaterale sufficiente, dipendevano in maniera cruciale anche
dalle prospettive di successo dei negoziati sul programma che erano allora in
corso: se fossero falliti il valore dei titoli pubblici greci sarebbe caduto
compromettendo la solvibilità delle banche e la qualità del loro collaterale,
escludendole dal finanziamento loro dato fino ad allora dall’Eurosistema. Il
Consiglio direttivo si è trovato così a dover dare un giudizio sulle
prospettive di successo di questi negoziati. Si prospettavano due opzioni
estreme. Il Consiglio direttivo avrebbe potuto subito considerare improbabile
una conclusione positiva dei negoziati, obiettare a ulteriori estensioni
dell’ELA, o anche, come chiedevano alcuni, chiedere addirittura il rimborso di
quella già erogata, forzando quindi l’intero sistema bancario ellenico al
fallimento. Oppure, come successivamente sostenuto da alcuni, il Consiglio
direttivo avrebbe potuto concedere l’erogazione di liquidità in maniera
illimitata e incondizionata, anche nell’evenienza di un fallimento delle
trattative con il governo ellenico. Come ricorderete la nostra decisione fu
controversa, ma corretta. L’estensione della ELA continuò finché si giudicò che
vi fossero le condizioni favorevoli a una conclusione positiva del negoziato .
La sua crescita fu interrotta quando apparve che queste condizioni non fossero
più verificate. Fu ripresa quando fu chiaro che le prospettive di una soluzione
positiva erano ristabilite. Guardando ai mesi appena trascorsi, osserviamo che
non è soltanto la realtà dei fatti che ci ha dato ragione, ma è anche la
consapevolezza di aver scelto l’unica strada compatibile con lo Statuto e con
il Trattato, l’unica che ha preservato l’integrità della moneta. Altre strade
possibili avrebbero contraddetto il principio che vuole che la BCE presti a banche
solvibili e solo a quelle e solo se il collaterale è adeguato e avrebbero
probabilmente distrutto l’integrità della moneta. L’abolizione dell’ELA avrebbe
probabilmente messo in moto un processo che avrebbe condotto la Grecia fuori
dall’eurozona negando in tal modo l’irrevocabilità dell’euro prevista dal
Trattato. E ciò sarebbe avvenuto non come risultato di una nuova
determinazione, democraticamente raggiuta, dai paesi firmatari del Trattato, ma
come conseguenza della rinuncia preventiva da parte della banca centrale ad
applicare la lettera delle disposizioni vigenti. Il sostegno della Bce alle
banche greche si fonda sul suo Statuto ma anche sull’assunto contenuto nel
Trattato che lo status di appartenenza all’Unione Monetaria di ogni paese
membro dell’eurozona rimanga intatto. D’altronde la stessa convinzione e la
stessa indipendenza dalla politica ci avevano condotti nell’estate del 2012,
quando la crisi dei debiti sovrani aveva messo a repentaglio l’integrità
dell’area dell’euro, ad annunciare con fermezza la nostra determinazione a
difendere la moneta comune. In conclusione, l’equilibrio raggiunto con gli
interventi effettuati nel corso della crisi greca rientra pienamente nel nostro
mandato; rispetta l’impegno politico verso la moneta unica contenuto nel
Trattato ma al tempo stesso lo attua nei limiti del nostro Statuto. Conclusioni
La risposta che la Bce ha dato alle sfide eccezionali emerse durante la crisi,
ha preservato l’integrità della moneta nell’area dell’euro. La stabilità
monetaria è però una condizione solo necessaria per la prosperità
dell’economia. E’ stata rivolta così tanta attenzione al nostro impegno per una
moneta solida che, parafrasando Galbraith, si è pensato troppo poco ad altre
cose. Dobbiamo ora guardare avanti, muovendo dalla stabilità per avanzare verso
la prosperità. Abbiamo bisogno di una nuovo patto che impedisca il riemergere
delle sfide appena affrontate e che, soprattutto, rafforzi l’architettura
costituzionale dell’area dell’euro. E’ una conclusione non nuova, già raggiunta
nell’estate del 2012 quando il Consiglio europeo diede mandato ai presidenti
del Consiglio stesso, della Commissione, dell’Eurogruppo, a me stesso e
successivamente al presidente del Parlamento europeo, di disegnare un percorso
credibile che completasse e rendesse “più perfetta” la nostra unione monetaria
. Da allora abbiamo formulato varie proposte, tutte nella stessa direzione.
Spero che ciò che vi ho detto oggi vi convinca della urgenza di questa
riflessione, della necessità che essa si tramuti senza ritardi ingiustificati
in un processo istituzionale in grado di conseguire risultati concreti, secondo
un’ agenda per l’azione chiaramente definita. È questo un viaggio lungo e
complesso che non potrà che fondarsi sulla forte determinazione degli stati nazionali.
La consapevolezza della forza intrinseca che deriva dalla capacità di
riprendere la crescita attuando tutte le riforme necessarie a questo fine, la
fiducia reciproca che porta a condividere i benefici di questa crescita in
un’Unione dove la somma sarà maggiore delle sue parti, sono i pilastri su cui
dovrà poggiare questa determinazione. "
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