lunedì 4 luglio 2016

Gli italiani non ce la fanno più

La favoletta che vuole i soldi delle tasse impiegati per i servizi ai cittadini, è la menzogna meglio raccontata della storia, una falsità capace di bloccare ogni ragionamento di chi non sa di macroeconomia, ovvero la gran parte dei cittadini.

Uno Stato sovrano prima, emette moneta per pagare dipendenti ed imprese che lavorano per lui offrendo servizi e opere a tutta la popolazione e, solo successivamente, drena valuta tramite la tassazione.
La differenza tra quello che lo Stato spende e ciò che ritira tassando, rappresenta il risparmio dei cittadini.




Apprendiamo da questo articolo di oggi su IL TEMPO.IT che, secondo la relazione della Corte dei Conti del 2015, ogni anno cresce esponenzialmente il numero dei mancati versamenti alle entrate. Vi leggiamo: "Un numero sempre maggiore di contribuenti dichiara le imposte e poi non effettua i versamenti."


Ecco uno dei risultati del "meno Stato più mercato" e della rinuncia ad ogni forma di sovranità.

Vediamo i passaggi:

Lo Stato, ora impossibilitato ad emettere moneta e obbligato a prenderla in prestito dal sistema bancario privato, per poter soddisfare la brama di profitto dei grandi gruppi bancari globali, non riesce a far fronte alle esigenze dei cittadini in termini di quantità e qualità dei servizi.

Lo Stato, per le ragioni suddette, non può neanche perseguire politiche di piena occupazione e di investimento pubblico rendendo così di conseguenza le classi meno agiate sempre più povere e distruggendo di fatto la classe media.

I cittadini si trovano costretti ad operare la scelta se pagare le tasse o vivere; non potendo far fronte contemporaneamente alla riduzione delle loro entrate, alla disoccupazione che ormai tocca ogni famiglia e alla crescente esosità delle tariffe dei servizi pubblici, non pagano i tributi cacciandosi così in una spirale di insolvenza ed esecuzioni dalla quale mai potranno uscire vivi. 
Non bastasse, gli stessi si troveranno anche subire le infondate accuse di chi, ignorando il funzionamento dell'emissione monetaria degli stati sovrani accennato in testa a questo articolo, li appellerà come evasori accusandoli pure di essere la causa dei disservizi del settore pubblico.


Da ciò se ne deduce che ritornare al modello costituzionale del '48, che prevede la redistribuzione delle entrate fiscali e il controllo sul sistema bancario e sui mercati da parte dello Stato, si può e si deve.
Se dovesse essere necessario, qualora le condizioni divenissero sufficientemente critiche per scatenare una sollevazione popolare, lo si potrà fare tramite un grande e duraturo sciopero fiscale che, necessariamente, dovrà coinvolgere tutti (a condizione di una partecipazione di massa necesaria a mettere tutti al riparo dalle ritorsioni).

Basterà una scintilla!

Per i cittadini, colpire gli interessi delle banche ora padrone dello Stato e delle loro vite, è oggi l'unica arma che hanno, considerato che la democrazia nell'unione europea equivale a quella dell'epoca medievale.

3 commenti:

  1. La perdita della sovranità monetaria da parte dello Stato e la sua consegna al "Mercato", in realtà una piccola oligarchia finanziaria rappresenta il più grande crimine del nostro tempo consumato grazie all'azione di alcuni " signori" che prevalentemente il sistema informativo ufficiale considera benefattori della Patria. L'evasione fiscale però rappresenta raramente una necessità, spesso è una pratica utilizzata da chi ha ampie risorse per aumentare il suo potere. Lo sciopero fiscale , se non riguarda singole imposte, diventa di impossibile applicazione. L'azione più importante resta smascherare le truffe e operare per una maggiore consapevolezza dei cittadini.

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    1. Capisco quello che dici, ma considerato che ora il sistema fiscale sta perdendo i compiti redistributivi che gli attribuisce la Costituzione per divenire sempre più uno strumento di profitto per i grandi gruppi bancari, colpire questi diventa imperativo

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    2. Corretto!I grandi gruppi bancari sono tra gli approfittatori che citavo e non sono gli italiani che non ce la fanno.

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